Cars&Wrecks-Luca Amorelli. Powered by Blogger.

1635 Woods Dr, West Hollywood, Los Angeles, CA 90069


Capote sempre abbassata, il sole picchia.
Engine/Start e un sordo rombo alza due nuvolette di polvere alle nostre spalle.
Guardo avanti a me, guardo dietro di me e si riparte per la grande città.
Una chitarra elettrica gira le scale sulle corde vibranti, quelle dei Nirvana che cantano “Come as you are”.
La città degli angeli. La città che nasconde soprese in ogni angolo. La città dei mercatini delle pulci sul prato del proprio giardino.
 La città dai mille volti, da quello splendente e perfetto a quello, proprio lì dietro l’angolo, povero e decadente. La città delle differenze nette e del cibo pesante, dove ciò che è normale diventa esclusivo.
1635 Woods Dr, West Hollywood, CA 90069. Hills di Los Angeles. È là che siamo diretti.
Il sole cala. Il tramonto comincia a far strisciare le ombre degli alberi sulla terra secca della California e noi dobbiamo essere a quell’indirizzo per le 19.30.
Fantasticando sulla destinazione non ci accorgiamo che il tempo passa lento e che ne abbiamo ancora molto prima dell’appuntamento. 
Ci fermiamo in città, troviamo subito parcheggio e calpestiamo un po’ dei suoi grossi marciapiedi di cemento.
Ogni vicolo, ogni strada ci offre uno spettacolo.
I rapper che registrano il proprio video musicale cedono il passo a gruppi di influencer che si contendono il posto davanti ai famosi murales di Los Angeles. Non mi dite che non avete mai visto le famose ali di Colette Miller.
Non c’è noia per le strade. La vita da quelle parti è folle. È una continua riproduzione casuale di musica di vario genere, ma sempre buona musica.
“Gatti! Quello è un locale dove si accarezzano gatti!”, dice Giulia indicando una vetrina dalle cornici nere.
Negli Stati Uniti si paga tutto ciò che può essere oggetto di tuo interesse. Per entrare nel locale e accarezzare i gatti bisogna pagare.
Organizzano sessioni di accarezzamento da 45 minuti l’una e se vuoi qualcosa da bere paghi anche quella. I gatti sono trovatelli che si attivano magicamente appena entri e iniziano a giocare. Li puoi anche adottare e i soldi spesi per entrare sono a sostegno dell’associazione che li cura e li mantiene.






Passiamo quel poco tempo che rimane. Guardiamo l'ora e guardandoci, poi, l'un l'altro ci rendiamo conto che dovremo smettere di accarezzare gatti prima che scadano i 45 minuti.
Scappiamo via e saltiamo in macchina. Solito rombo del motore. Partiamo con il muso rivolto verso l’alto, verso le case più costose del mondo.
Raggiungiamo l’indirizzo e, oltre ad un cancello bianco e ad una tettoia ondulata, non c’è ombra di nessuno in giro. Abbiamo sicuramente sbagliato.
Eppure, il navigatore ci riporta sempre allo stesso punto.
Parcheggiamo l’auto sotto la tettoia ondulata, sperando di non aver invaso il posto di qualcuno.

Scendiamo, ci guardiamo attorno e con i lati della bocca rivolti verso il basso e il solito gesto all’italiana delle dita raccolte e oscillanti ci chiediamo a gesti e sguardi: “che si fa?”.
19.30 esatte.
Dal cancello bianco visto all’arrivo esce un signore, il custode di quello che di lì a poco avremmo visto. Dal nulla spunta una Tesla Model S che si parcheggia accanto alla nostra auto. Sono turisti venuti a Los Angeles a trovare amici architetti e designer.
Firmiamo liberatorie, veniamo avvertiti del divieto di fotografare con macchine professionali e finalmente siamo ammessi ad entrare.
Passiamo il cancello e davanti a noi la panoramica di Los Angeles vista sempre in qualche film. Proprio quella panoramica, presa proprio da quel punto esatto. Possiamo accarezzare tutti gli angoli della città e, aprendo la mano, contenerli fra le estremità di due dita.
Alle nostre spalle il vero motivo di quella visita.
La Stahl House. La villa da copertina per eccellenza. Concretamente la copertina di molte riviste di design.

Possiamo entrare, ma senza scarpe. L’arredamento della cucina è quello originale anni 60, il resto viene cambiato ogni 6 mesi.
Siamo in pochi e la casa è nostra per un’ora. Scattiamo qualche foto.
Il tramonto è avvolgente e ci sediamo per terra sulla moquette bianca e morbida a parlare.
Non ti viene da far altro mentre il sole cala. Vedi la città che si muove, si agita, si cambia per la sera, ma in silenzio. Non c’è bisogno di musica a riempire il vuoto, basta il fruscìo delle macchine che riempiono le strade in lontananza.
È tutto così surreale e magico. Mi sento a casa, anche se non è casa mia. Voglio rimanere, per sempre, ma bisogna tornare alla realtà appena scade il tempo.
Capote chiusa, fa freschetto. Direzione Koreatown. Alla radio mandano a ripetizione “God’s Plan” di Drake. Quella sarà la colonna sonora di quei giorni, la musica adatta alla nostra Camaro. La canzone che da allora ascolto in continuazione.
Sarò sincero. Confesso di aver infranto le regole e di aver lasciato un pezzettino di cuore davanti a quel paesaggio alla Stahl House, oltre l’orario di visita. Mi perdonerà il custode.

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