Highway to Hell

Sistemo le mie cose, accendo il motore e un sordo rombo mi avverte che siamo pronti a partire. Premo su “riproduzione casuale” prima che sull’acceleratore. Gli A.C.D.C. con “Highway to Hell” mi danno il via. Non sono più io, mi sento ormai in un film e voglio scatenare tutti i cavalli del motore per sfruttare al massimo quella dimensione parallela in cui mi trovo. Gli scarichi non sono più così sordi come all’inizio e quasi coprono la musica. È tutto perfettamente amalgamato, non c’è bisogno di parlare e per questo non ascolto mia sorella che intanto dai sedili posteriori cerca di dirmi di andare piano.
Malibu, 21 miles of scenic beauty, recita il cartello visto sempre attraverso le serie tv anni 90. E quelle 21 miglia le percorriamo tutte in cerca di una spiaggia.
Ora siamo noi a sentirci in una serie tv, a vivere la vita dei ragazzi americani. Siamo noi quei ragazzi.
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Zack e i suoi pettorali |
Ci fermiamo in
un parcheggio. Ci siamo noi, un parchimetro e un vecchio bagno pubblico. Più in
là una scaletta di legno che scende dritta verso l’oceano seguendo l’andamento delle
rocce della costa pacifica.
Il mondo è
laggiù. Ragazze in bikini abbronzatissime fotografate per qualche rivista,
ragazzi a spararsi le pose mettendo in mostra i pettorali, noi che
giocherelliamo con le alghe e rincorriamo i pellicani sulla spiaggia, finché
una voce da una roccia ci dice: “You are not allowed here. It’s a private beach!”.
Ora di pranzo.
C’è solo un posto dove è vietato non andare. Il Neptune’s Net.
Per molti sarà solo una tavola calda come un’altra, ad altri ricorderà le avventure a Malibu delle gemelle Olsen e del loro maggiordomo Manuelo. Ora sì che i sogni adolescenziali ritornano a schiantarsi nella mente. Mentre gli Arkarna intonavano “so little time, so much to do”, io immaginavo di abitare a Malibu, accanto alle Olsen, e vivere quella vita con loro. Che dire, invece, della vita più spericolata di Vin Diesel che in The Fast and The Furious si ferma a mangiare proprio qui in compagnia di Paul Walker.

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